Dopo l'ultima personale nel 1954 nella Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale, Salvador Dalì torna a Milano con “Il sogno si avvicina”, 50 opere che sviscerano il rapporto dell’artista con il paesaggio, il sogno e il desiderio.
La mostra è divisa in quattro sezioni che a loro volta si suddividono in stanze creando un percorso tematico attraverso l’eclettica creatività del pittore catalano.
I paesaggi storici: guardare dietro di sé.
Si parte dalla stanza della Memoria che ritrae il suo rapporto con il passato e con il mito. Qui trovano collocazione la Venere di Milo con i cassetti che rappresentano la parte inconscia di freudiana memoria e paesaggi antichi, vessilli metafisici di un classicismo lontano nel tempo ma mai perduto.
Nella stanza del Male, Dalì si confronta con la contemporaneità e soprattutto con il tema della guerra, precisamente quella civile spagnola. I colori si fanno scuri, angoscianti e nell’inquietante “Le Visage de la Guerre” si viene catapultati in un incubo popolato da decine di teschi incastonati, come terrificanti matrioske, nelle orbite vuote della morte.
I Paesaggi autobiografici: guardare dentro di sé.
Nella stanza dell’Immaginario si situano le opere più surrealiste, gli occhi tradiscono la mente, la realtà cambia a seconda della prospettiva e nulla è come appare. Sembra di sentire la risata di Dalì che si prende gioco della nostra goffaggine, del nostro essere così legati alla concretezza, capaci solo di guardare ma non di vedere.
Frastornati e spogliati delle nostre certezze, ci troviamo catapultati nella stanza dei Desideri: un omaggio a Mae West il cui volto viene riprodotto in un soggiorno con il divano a forma di labbra, il naso-caminetto e due quadri al posto degli occhi. Si entra fisicamente nello spazio dell’opera, ci si siede sulla ricostruzione del celebre divano e si solletica il proprio narcisismo nel divenire parte vivente dell’installazione.
Il tono cambia bruscamente entrando nella stanza dell’Assenza, dove la silenziosa solitudine raggiunge il suo climax nel misticismo metafisico del “Cammino dell’Enigma”, ma è nella stanza del Vuoto che l’astrazione assoluta diventa elemento predominante: l’uomo non è più il centro del tutto bensì si riduce ad un piccolo e dolente dettaglio, divorato da un deserto opprimente e malinconico per giungere infine al silenzio cosmico con “Il rapimento di Europa”, l’ultimo dipinto dell’artista prima della morte, un monocromo azzurro, squarciato da lunghe e irregolari ferite.
Epilogo
La parte finale della mostra è la sintesi del viaggio compiuto finora. Ritroviamo i richiami classici, il simbolismo pop e le atmosfere metafisiche. Nucleo pulsante di questa stanza è il cortometraggio nato dalla collaborazione di Dalì con Walt Disney “Destino” che ci trasporta in un’onirica storia d’amore popolata da figure surreali e ci offre una finestra d’eccezione sull’immaginifico mondo di questo artista considerato visionario, pazzo persino, ma indiscutibilmente geniale.
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