martedì 26 ottobre 2010

Una cena da gourmet

Cena aziendale: quale miglior occasione per godersi una serata in un ristorante superlativo? Per questo motivo la scelta è caduta sul “Miramonti l’Altro” di Concesio dove il talento dello chef  Philippe Leveillè non tradisce le aspettative.
Dall’esterno il ristorante ha l’aspetto di una villetta privata, con giardino e portichetto, infatti non è facilissimo da identificare.
L’interno è molto sobrio ed elegante con tavoli rotondi ben distanziati e grandi vetrate che si affacciano sul giardino.

Ci accomodiamo ad un tavolo collocato in un grazioso bow-window, la mise en place è ineccepibile: le stoviglie sono di grande pregio e la cura per il dettaglio traspare da ogni particolare.
Insieme al menù ci vengono portati subito tre cestini colmi di pane di diversi tipi, caldo e fragrante.
Scegliamo tutti alla carta, sebbene i vari percorsi di degustazione siano assolutamente invitanti.

 Come entrée  di benvenuto ci viene offerto un bicchiere di Franciacorta e una zuppetta di calamaro al vino bianco e cipollotti, molto intrigante.
Come primo vino, scegliamo un Comarì del Salem di Uberti, che ogni volta conferma la sua meritatissima fama.

Arrivano gli antipasti! Per me tartare di scampi con croccante di parmigiano e acqua di pomodoro: la materia prima è eccellente ed il croccante crea un contrasto interessante sia come sapore che come consistenza, infine l’acqua di pomodoro, davvero deliziosa, esalta in modo superbo il tutto. 

Ottimo anche il tortino di capesante, patate ratte e tartufo nero alle spezie dolci: i molluschi sono della giusta consistenza e il tartufo e le spezie conferiscono al piatto la giusta grinta.
Due dei miei commensali scelgono la crema e confit di anatra all’aceto di mele verdi con caramella e cioccolatino di fegato grasso d’anatra: piatto che parte un po’ in sordina ma che, con il cioccolatino e la caramella, regala un’emozione finale da “standing ovation”.

Per non farmi mancare niente (dopotutto non capita tutti i giorni di cenare in ristoranti di tale risma), ordino anche il primo: zuppetta di pesci con fave e piselli al latte di mandorle e zafferano, bocconcini di morbidissimi crostacei, molluschi e pesce adagiati in una favolosa crema con un leggero retrogusto dolce, perfettamente equilibrato in sapidità.

 Per chi non ha ordinato il primo piatto arriva un cortese assaggio composto da una gustosa minipizzetta e un cucchiaio di sorbetto al basilico, fresco e molto gradevole.
Cambiamo vino e il tiro si alza di parecchio con lo Chardonnay Langhe Gaja e Rey di Gaja: un vino davvero eccezionale di grande struttura e complessità, corposo e maturo, con il giusto contrasto di acidità e una nota finale di miele ed agrumi elegante e persistente.


Nel frattempo arrivano i secondi, per me, cubo di tonno al vino rosso e marmellata di cipolle: ottima la qualità e la freschezza del pesce, un po’ troppo “invadente” la marmellata.


Nota di merito per l’hamburger di astice e scampi al basilico, pinoli, fagiolini e patate ratte: squisito e ottimamente bilanciato nel gusto.
Deliziosa anche la bomboniera di coda di rospo e tartufo nero, crema di patate, spezie ed erbe aromatiche: un tripudio di morbidezza che viene stemperata dal gusto deciso del tarfufo. Proseguiamo ordinando la terza bottiglia della serata: un Montepulciano d'Abruzzo Cerasuolo di Valentini, ottimo rosé dal gusto corposo e colore deciso.

Ci viene gentilmente offerto un assaggio di polenta taragna e lumache di vigna, come rifiutare? Davvero buono, la polenta è cremosissima e le lumache sono squisite. Quando pensiamo di non poter più mangiare nemmeno un boccone, ci vengono presentati due carrelli colmi di formaggi di tutti i tipi. Il profumo è intenso e solo la voglia di lasciare un po’ di spazio per il dolce mi impedisce di fare qualche assaggio.


Un attimo di riposo e il tavolo si riempie di dolci coccole: per una brevissimo istante rimpiango di aver ordinato il dessert, davanti a me ci sono irresistibili dolcetti di tutti i tipi, dai cannoncini alle meringhe con panna, dalle gelatine ai biscotti, dalle nocciole caramellate al gelato alla birra. Resistere è praticamente impossibile!

 
Fortunatamente arriva subito il mio dolce: il famoso gelato alla crema “Miramonti”, una soffice nuvola gialla che viene completata con una colata di cioccolato fuso. 

Concludiamo con un caffè e ci crogioliamo nella beatitudine di una cena praticamente perfetta.

 
Voto: 9½
Prezzo: 150 euro a persona
Rapporto Qualità/Prezzo: Buono
Note e considerazioni personali: Pur essendo un ristorante bistellato, i prezzi sono abbastanza contenuti, soprattutto per quanto riguarda i vini che offrono etichette di altissimo livello con un ricarico non eccessivo.


sabato 23 ottobre 2010

Una domenica sull'alto lago

Nello splendido borgo di Villavetro di Gargnano, si trova il Ristorante Vicovetere, gestito con bravura e simpatia da una giovane coppia.
Il locale è piccolo ma molto accogliente, i tavoli sono ben distanziati e l’arredamento è sobrio e curato.
Molto gradevole la mise en place, ingentilita da un bel fiore in vaso e da una candela.
Il menù non è molto ampio ma ci vengono presentate anche altre golose proposte fuori lista. La carta dei vini è interessante e propone anche etichette particolari. Oggi scegliamo un Erbaluce di Caluso Tre Ciochè  dell’ Azienda Agricola Silva, Agliè (TO): eccellente e con un ottimo rapporto qualità-prezzo.
Nel frattempo arrivano il pane, rigorosamente fatto in casa, servito caldo e fragrante in un divertente sacchetto da forneria e il piatto di benvenuto della casa, una noce di morbidissimo e appetitoso paté.
Come antipasto ordino il salmone affumicato con salsa yoghurt e pan brioche: eccezionale, con un’affumicatura pressoché perfetta, inoltre la leggera acidità dello yoghurt tempera la componente grassa del salmone equilibrando il sapore del piatto ed il pan brioche tiepido e profumato di burro, fa da corollario ottimale al tutto.

Mio marito sceglie la terrina di tinca all’aglio che viene servita con una croccante brunoise di verdure. La tinca è deliziosa, mantecata con un corposo burro nostrano che non copre affatto il sapore delicato del pesce.
Tra i secondi mi faccio ingolosire dal pescato del giorno: un trancio di ombrina cotto alla perfezione, di una morbidezza indescrivibile, adagiato su una fetta di patata arrostita sopra un letto cremoso di verdure passate. Dal mio punto di vista il piatto “principe” del pranzo.

Pesce persico con cipolle per mio marito. Gli vengono portate due cocottine, una contiene della gustosa polentina e l’altra il pesce con le cipolle: molto buono anche se il gusto dolce e deciso delle cipolle copre un po’ la leggerezza del persico.

Concludiamo con un buon caffè e ci fermiamo a fare due chiacchiere con il titolare, che è anche lo chef, con cui ci complimentiamo per la bravura e la passione che trapela dai suoi piatti.


Prezzo: 80 euro in due
Rapporto Qualità/Prezzo: Più che buona
Voto:
Note e considerazioni: I processi di lavorazione delle materie prime (come l’affumicatura) sono eseguiti direttamente dallo chef che preferisce non utilizzare prodotti già lavorati e la differenza, credetemi, si sente.

martedì 19 ottobre 2010

Una sera nel bosco


Un sabato sera con amici e la voglia di cenare in un posto tranquillo, lontano dai locali chiassosi e affollati, decidiamo perciò di recarci alla Casa nel Bosco di Nave.
Il ristorante è piuttosto grande tuttavia la suddivisione oculata in tre stanze evita l’effetto “capannone” e il conseguente frastuono nelle serate di punta, inoltre il locale merita un bonus speciale per  il rispetto dell’intimità e della privacy del cliente: niente tavoli ammassati e commensali sconosciuti a distanza di gomito.
L’arredamento è rustico, da baita di montagna, ma rivela un’evidente ricercatezza nella scelta dei complementi d’arredo (spesso di design).
La tavola è apparecchiata con tovagliette all’americana e tovaglioli di carta, resi meno informali dalle belle stoviglie. Il cestino del pane contiene una selezione di grissini, pane ai cereali e fette di pugliese.
Il cameriere, molto gentile e professionale ci porge il menù: i piatti sono quelli tipici della tradizione locale con qualche piacevole incursione nella cucina innovativa. Anche la carta dei vini è interessante e accanto alle etichette “famose” si possono trovare bottiglie meno note e decisamente intriganti. Stasera ci orientiamo su un Cabernet Sauvignon Ronchi di Manzano.
Come antipasto ordiniamo un carpaccio di cervo, che viene proposto con cubetti di pera candita e un crostone con funghi porcini e formaggio d’alpeggio: la carne è a dir poco eccezionale, morbidissima e saporita ed il contrasto con la fresca acidità della pera è estremamente gradevole, buono anche il crostone. Il “Bertagnì”, un piatto lombardo composto da baccalà pastellato e fritto: il pesce è di primissima scelta e il gusto corposo viene esaltato dalle salse di accompagnamento.
La soppressa, presentata su una base cremosa di cannellini e accompagnata da cialde di polenta croccante: la consistenza è perfetta e la delicatezza della crema stempera il gusto deciso del salume.

Nonostante i primi piatti siano molto invitanti, decidiamo di passare direttamente ai secondi perché ci siamo lasciati ingolosire da alcune leccornie che abbiamo adocchiato da subito.
Io decido di assaggiare il rotolo di coniglio arrosto con ripieno alla bresciana che si rivela una vera delizia, la carne è cotta alla perfezione e il ripieno è gustoso ed equilibrato di sapore, inoltre l’abbinamento con una squisita salsa ai fichi e ai funghi è davvero vincente.
Gli altri scelgono il Patanegra iberico che è presentato con delle sfoglie sottilissime di porcini fritti e fette di polenta grigliata. Di questo piatto posso dirvi solo che la carne era morbidissima e succulenta ed i funghi delicati ed irresistibili: l’ unica nota negativa è che me ne hanno concesso solo un boccone.
Ci viene portata la lista dei dolci e commettiamo l’enorme sbaglio di darle un’occhiata: la salivazione comincia ad aumentare in maniera spropositata ed è praticamente impossibile resistere.
Volendo restare “leggera”, scelgo la pesca arrosto con gelato al rum: la dolcezza della frutta tiepida si stempera nella freschezza del gelato creando un connubio perfetto. 
Riesco (con fatica) a farmi concedere un assaggio dei dolci dei miei commensali e, con enorme soddisfazione, affondo il cucchiaio nello scrigno di meringa: un nido di delicata spumiglia ripieno di  gelato al fiordilatte ed amarena, il tutto adagiato su un letto di frutta spadellata e una prelibata salsa alla liquirizia.
 
Non posso non assaggiare le gocce di gianduia con sorbetto al lime e lacrime di lampone, un must per i cioccolato dipendenti come me: piccole mousse esaltate dalla salsa alla frutta, servite con una coppetta di rinfrescante sorbetto al lime che pulisce delicatamente la bocca.
Per concludere, giro di caffè per tutti accompagnato da golosi biscottini gentilmente offerti dalla casa.

Prezzo: 42 euro a persona
Rapporto qualità/prezzo: Ottimo
Voto:
Note: Il ristorante è noto anche per le sue divertenti cene con delitto a cadenza quindicinale.

sabato 16 ottobre 2010

Vino del giorno: Mille e una Notte - Donnafugata

Ci sono certi vini che riescono a trasmettere a chi li assaggia i profumi e le atmosfere della loro terra: il Mille e una Notte di Donnafugata, con i suoi dolci sentori di frutta e violetta, è un viaggio onirico tra le calde serate estive della splendida e assolata Sicilia.
Il colore rosso rubino prepara il palato ad un gusto corposo e di grande struttura. Si riconoscono note di mirtillo, pepe e una nota finale di tabacco.
Si rivela un vino equilibrato con un’ottima persistenza di gusto e buona acidità.

Scheda tecnica:
Tipologia: Rosso - Contessa Entellina DOC
Alcool: 13,5-14% vol.
Vitigno: Nero d’Avola e piccole percentuali di altre varietà.
Terreno: Allevamento a controspalliera e potatura a cordone speronato. Terreno di medio impasto.
Vinificazione: Le uve, raccolte a Settembre, vengono vinificate in acciaio, con macerazione sulle bucce per circa 12 giorni, alla temperatura di 26-30°C. Dopo la fermentazione il vino riposa in barriques di rovere francese per circa 14-16 mesi e viene poi affinato in bottiglia almeno 24 mesi.
Note storiche: Il palazzo rappresentato sull’etichetta è quello dove trovò rifugio la regina Maria Carolina in fuga da Napoli e fu inoltre la casa prediletta dello scrittore Tomasi di Lampedusa a Santa Margherita Belice. Lo splendido edificio è raffigurato sotto un cielo di magiche stelle che creano un’ atmosfera da “Mille e una notte”.

domenica 10 ottobre 2010

Nell'Olimpo degli dei: quando andare al ristorante diventa un lusso.

E' inutile girarci intorno: la passione per il buon cibo e per il buon vino incide notevolmente sulle finanze.
Non essendo ricchi, possiamo permetterci di uscire al massimo una volta a settimana e, ovviamente, cerchiamo di informarci bene per evitare di prendere fregature.
Fino a qualche anno fa ci affidavamo alle guide rinomate per cercare i ristoranti da visitare, ma ultimamente ci orientiamo sulle opinioni di clienti come noi o sul passaparola. La motivazione è semplice: sempre più spesso ci capitava di veder segnalati con lodi e bonus  ristoranti costosissimi che non meritavano assolutamente, mentre altri, magari meno conosciuti ma senza dubbio più validi, non venivano nemmeno presi in considerazione.
Ora, partendo dal presupposto che le persone che curano queste guide sappiano il fatto loro (e ci mancherebbe), mi sorge spontanea la domanda: perchè se prendo una guida (aggiungete voi il nome visto che si assomigliano tutte) del 2010 e la confronto con quella del 2007 non trovo alcuna differenza? Perchè ci sono sempre gli stessi locali con qualche sporadica nuova entrata? Perchè le recensioni sembrano identiche se non per le virgole o per qualche opportuno cambio di sinonimo?
Probabilmente questi resteranno oziosi interrogativi di una profana del settore ma che, evidentemente, hanno portato me e tanti altri a cercare altri modi per ottenere recensioni, forse meno autorevoli ma comunque attendibili.
L'unica cosa davvero certa è che la segnalazione sulla guida permette l'accesso alla strada dorata verso la notorietà e, salvo poche ed encomiabili eccezioni, alla conseguente lievitazione dei prezzi del menù, trasformando così la cena al ristorante in una passione costosa per pochi privilegiati eletti.

martedì 5 ottobre 2010

di arte e di cucina

La splendida mostra di Dalì ha soddisfatto la nostra sete artistica ma si sa che l'arte mette un certo languorino, quindi abbiamo deciso di fermarci a Milano anche per il pranzo.
Avevamo voglia di qualcosa di veloce, vicino e non troppo impegnativo dal punto di vista economico così, curiosando in zona Duomo, ci siamo imbattuti nello "Zen Sushi Restaurant" che si trova in Via Maddalena, all'angolo del Corso di Porta Romana.
Da fuori il locale è insignificante: si affaccia direttamente sulla strada e non ha particolare attrattiva. Tramite un corridoio ben illuminato e reso più ampio da specchi opportunamente collocati, si arriva nella sala principale dove fa bella mostra di se il Kaiten (una specie di tapis roulant dove scorrono tutti i piatti di sushi e sashimi).
Lo Zen è stato il primo ristorante giapponese in Italia ad utilizzare il Kaiten che all'estero è molto diffuso.
In un'altra stanza a cui si accede tramite un ponticello (forse un po' kitsch ma perfettamente in sintonia con il luogo) c'è il ristorante con servizio al tavolo. Incuriositi dalla novità ci accomodiamo al bancone e iniziamo a sbirciare le prelibatezze che sfilano sul nastro di fronte a noi.
Ogni piattino ha un colore che ne stabilisce anche il prezzo. Si va dai 2 euro circa ai 7 euro per la portata più cara che oggi è un sashimi di tonno. C'è solo l'imbarazzo della scelta: insalata di alghe, carpaccio di salmone o tonno, nighiri e rolls di tutti i tipi (ogni piatto ne contiene due pezzi).
Nel giro di venti minuti ci ritroviamo davanti due pile di piattini vuoti: farsi prendere la mano è un attimo!
I nighiri e i rolls sono buoni e  la qualità del pesce è più che soddisfacente, tuttavia ci resta ancora un po' di spazio (incredibile, vero?) perciò ci lasciamo tentare da una porzione (da 8) di uramaki con gambero fritto: molto gustosi anche se, a mio parere, la salsa è troppo abbondante e predomina sugli altri sapori. 
Finalmente sazi e soddisfatti, ci lasciamo coccolare dallo splendido pomeriggio settembrino e ci godiamo una passeggiata in centro a Milano prima di riprendere la strada di casa.

Prezzo: 80 euro (con una birra e una mezza minerale)
Rapporto qualità/prezzo: Medio
Giudizio: 7
Note e considerazioni personali: All'interno del ristorante troverete un magazine sugli eventi dello Zen, tra cui mostre d'arte, feste a tema, esposizione di Bonsai e interessanti pagine sulla storia e la cultura giapponese.

venerdì 1 ottobre 2010

“L’intelligenza senza ambizione è come un uccello senza ali” – S.Dalì

Dopo l'ultima personale nel 1954 nella Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale, Salvador Dalì torna a Milano con “Il sogno si avvicina”, 50 opere che sviscerano il rapporto dell’artista con il paesaggio, il sogno e il desiderio.
La mostra è divisa in quattro sezioni che a loro volta si suddividono in stanze creando un percorso tematico attraverso l’eclettica creatività del pittore catalano.
I paesaggi storici: guardare dietro di sé.
Si parte dalla stanza della Memoria che ritrae il suo rapporto con il passato e con il mito. Qui trovano collocazione la Venere di Milo con i cassetti che rappresentano la parte inconscia di freudiana memoria e paesaggi antichi, vessilli metafisici di un classicismo lontano nel tempo ma mai perduto.
Nella stanza del Male, Dalì si confronta con la contemporaneità e soprattutto con il tema della guerra, precisamente quella civile spagnola. I colori si fanno scuri, angoscianti e nell’inquietante “Le Visage de la Guerre” si viene catapultati in un incubo popolato da decine di teschi incastonati, come terrificanti matrioske, nelle orbite vuote della morte.

I Paesaggi autobiografici: guardare dentro di sé.
Nella stanza dell’Immaginario si situano le opere più surrealiste, gli occhi tradiscono la mente, la realtà cambia a seconda della prospettiva e nulla è come appare. Sembra di sentire la risata di Dalì che si prende gioco della nostra goffaggine, del nostro essere così legati alla concretezza, capaci solo di guardare ma non di vedere.
Frastornati e spogliati delle nostre certezze, ci troviamo catapultati nella stanza dei Desideri: un omaggio a Mae West il cui volto viene riprodotto in un soggiorno con il divano a forma di labbra, il naso-caminetto e due quadri al posto degli occhi. Si entra fisicamente nello spazio dell’opera, ci si siede sulla ricostruzione del celebre divano e si solletica il proprio narcisismo nel divenire parte vivente dell’installazione.

Paesaggi dell’assenza: guardare oltre di sé.
Il tono cambia bruscamente entrando nella stanza dell’Assenza, dove la silenziosa solitudine raggiunge il suo climax nel misticismo metafisico del “Cammino dell’Enigma”, ma è nella  stanza del Vuoto che l’astrazione assoluta diventa elemento predominante: l’uomo non è più il centro del tutto bensì si riduce ad un piccolo e dolente dettaglio, divorato da un deserto opprimente e malinconico per giungere infine al silenzio cosmico con “Il rapimento di Europa”, l’ultimo dipinto dell’artista prima della morte, un monocromo azzurro, squarciato da lunghe e irregolari ferite.
Epilogo
La parte finale della mostra è la sintesi del viaggio compiuto finora. Ritroviamo i richiami classici, il simbolismo pop e le atmosfere metafisiche. Nucleo pulsante di questa stanza è il cortometraggio nato dalla collaborazione di Dalì con Walt Disney “Destino” che ci trasporta in un’onirica storia d’amore popolata da figure surreali e ci offre una finestra d’eccezione sull’immaginifico mondo di questo artista considerato visionario, pazzo persino, ma indiscutibilmente geniale.