giovedì 30 dicembre 2010

l'equilibrio perfetto tra innovazione e tradizione

In queste lunghe e noiose giornate invernali, viene voglia di scappare dalla routine quotidiana e appagare i sensi gustandosi un pranzo degno di nota. Complice un’occasione da festeggiare ci siamo addentrati nella provincia vicentina per recarci al Ristorante “La Peca” che, anche per il 2011, si è visto confermare le due (meritatissime) stelle Michelin.
Peca significa impronta e mai nome fu più azzeccato per questo locale che lascia un segno tangibile nella memoria di ogni appassionato gourmet.
Appena entrati, veniamo accolti da un gentilissimo cameriere che ci accompagna al piano superiore. Ci accomodiamo ad un bel tavolo d’angolo. Dalle ampie vetrate del locale ammiriamo lo spettacolo degli alberi ricoperti di galaverna che conferiscono al paesaggio un’aria lunare.
I tavoli sono ben distanziati e l’atmosfera è elegante senza risultare eccessivamente formale.
Molto bella e curata la mise en place rallegrata da divertenti decorazioni natalizie.
Per iniziare nel migliore dei modi ordiniamo l’aperitivo: un Franciacorta Riserva 61 di Berlucchi.
Ci vengono portati i menù e la carta, o meglio, il libro dei vini. Un’autentica “Bibbia” dove il sommelier che c’è in voi si sentirà in Paradiso. Con l’indispensabile aiuto del maitre giungiamo all’ardua scelta: Riesling del 2009 della Tenuta La Bertolà di cui parlerò in separata sede perché merita ben più di due parole.
Come antipasto ordiniamo carpaccio d’orata con gnocchi di riso all’acciuga di Cetara, olio di agrumi e capperi essiccati per me e le tre tartare: occhiata, scampo e ricciola in cialda croccante emulsione di cachi al limone e zenzero per mio marito.
Nell’attesa ci viene portato il cestino con differenti e golose varietà di pane accompagnate da una delicatissima mousse di caprino: resistere alla tentazione è pressoché impossibile.
Fortunatamente arriva il primo benvenuto della casa: crema di zucca, yogurt e ceci tostati. Si gioca subito di contrasti, dolce vs. acido e vellutato vs. croccante. Un inizio promettente che viene mantenuto dalla seconda entrée: crema di broccolo fiolaro con cuore di radicchio e aria di prezzemolo: un gustoso e spumeggiante cappuccino di verdure! Se non sapete come fare mangiare i vegetali ai vostri figli, ecco a voi la soluzione!

Arrivano gli antipasti e cala il silenzio tra noi. Non si può parlare e sospirare di piacere nello stesso istante. Il carpaccio d’orata è un velo sottilissimo che avvolge dei morbidi gnocchetti di riso che rimandano al gusto dell’infanzia. Il palato assapora la delicatezza ma subito viene sferzato dalla nota croccante e sapida dei capperi essiccati: una vera delizia.

Le tre tartare sono uno spettacolo per gli occhi e un vero viaggio sensoriale per la bocca. La freschezza e la qualità della materia prima viene resa superlativa da una vellutata salsa di cachi e da impalpabili cialdine che si sciolgono in bocca.


Di solito non ci lasciamo tentare dai primi, ma sul menù siamo stati attratti entrambi da uno dei piatti storici della Peca: i bigoli integrali con acciughe, alici marinate e gelato di cipolle rosse. Ne ordiniamo una porzione chiedendo di poterla dividere in due. Ed ecco che davanti a noi si materializza un piatto che difficilmente dimenticheremo: la pasta con le acciughe e le alici ha una grinta che toglie il fiato ma il tocco finale lo conferisce il gelato alla cipolla rossa e ti viene voglia di centellinare ogni singolo filo di pasta per far durare il più a lungo possibile quell’esplosione di sapore.

Ormai ci siamo arresi all’evidenza: non usciremo indenni da questo pranzo, siamo letteralmente nelle mani dello chef che ci ha condotti nel suo labirinto senza neppure lasciarci il mitico filo.
Davanti ai secondi piatti avvertiamo quasi un timore riverenziale e mio marito affonda titubante il cucchiaio nella zuppa di pesce. Non parla, emette solo mugolii incomprensibili. Decido perciò di prendere il toro per le corna e dopo il primo assaggio capisco perfettamente il perché del suo silenzio: la semplicità e la raffinatezza dei sapori non lasciano spazio a nessuna domanda.

Dal momento in cui ho letto le parole “granchio reale” sul menù, per me non è stato possibile scegliere altro. Il granchio è una delle cose che amo di più in assoluto e, quando lo trovo, non so resistergli. Questo piatto in particolare per me è stata la chiave di volta di tutto il pranzo.
Le diverse consistenze, il contrasto tra il sapore quasi caramellato del granchio e l’acidità dell’avocado, la freschezza della preparazione in insalata abbinata alla delicata cremosità della salsa, regalano un’emozione indescrivibile che, a distanza di giorni, riesco ancora a riassaporare solo chiudendo gli occhi.

Un attimo di respiro con il divertente e spumeggiante sorbetto al mandarino con gel di Chinotto ed ecco la carta dei dolci. Voglio chiudere in bellezza e ordino un sorbetto di uva fragola.
Nell’attesa arrivano le dolci coccole racchiuse in una scatola di pasticceria che, una volta aperta, mostra la sorpresa di un cubo di plexiglass trasparente contenente tre chicche di yogurt, frutti di bosco e cioccolato bianco e altre dolci squisitezze.
Arriva il mio sorbetto ed è talmente invitante che mi dimentico persino di fotografarlo. L’apparenza è pari solo alla sua bontà.
Concludo con un caffè e ci lasciamo andare a chiacchiere rilassate con la moglie di Pierluigi Portinari, perfetta padrona di casa che ti fa sentire quasi in famiglia.
Non vorremmo più alzarci (anche perché le sedie sono di una comodità inaudita, dovrebbero essere vietate per legge) ma la nebbia che inizia a scendere ci spinge a prendere, controvoglia, la via del ritorno.
Arrivederci a prestissimo e grazie per aver lasciato una peca nel nostro cuore.

Prezzo totale: 248 euro, gentilmente scontato a 240
Rapporto Qualità/Prezzo: più che buono
Voto: 9½ (io farei anche dal 9 al 10, come si usava una volta a scuola)
Note e considerazioni personali: Ci sono tanti ristoranti che ti conquistano con la bravura dei loro chef, ma qui ho trovato qualcosa di più: il calore, una squisita gentilezza e la sensazione di non essere solo un cliente e, a mio parere, questo fa la differenza.

domenica 26 dicembre 2010

Ritorno al passato

Sempre più spesso mi capita di assistere all'evoluzione di locali che cercano in tutti i modi di adattarsi al trend del momento, così al posto della trattoria di paese o della locanda con cucina tipica spuntano come funghi ristoranti pseudo giapponesi o etno-chic con cucina fusion.
In genere il risultato è insoddisfacente perchè non si diventa esperti cuochi nipponici solo fregiandosi di un'insegna dal nome giapponese.
Una ventina di anni fa l'etnicità era rappresentata dai ristoranti cinesi. Quanti ne sono rimasti adesso? Forse una decina in tutta la provincia. Questa premessa per dire che qualche sera fa ho cenato in un ristorante cinese e mi è sembrato di ritornare indietro nel tempo, quando l'unica alternativa poco costosa alla pizza era proprio la cucina asiatica.
Il Grande Shanghai si trova a Desenzano ed è ormai un'istituzione visto che può vantare un'attività più che decennale.
Il locale è quasi sempre pieno, anche nei giorni infrasettimanali e in quelle sere in cui la maggior parte degli altri ristoranti piange la penuria di clientela.
Abbiamo ordinato diverse cose: la classica zuppa di mais e pollo, l'insalata di alghe, il vitello stufato con funghi e bambù, i frutti di mare alla piastra, l'insalata di gamberi e l'immancabile riso alla cantonese. La qualità del cibo è abbastanza buona, le cameriere sono veloci e gentilissime, le porzioni sono abbondanti e i prezzi sono davvero concorrenziali. Ecco l'alternativa ideale e divertente alla solita pizza.
Prezzo: 36 euro in due.
Giudizio:
Rapporto Qualità/Prezzo: Decisamente buono

giovedì 16 dicembre 2010

sogno di una notte d'inizio inverno

In una fredda e limpida serata invernale cosa c’è di meglio che farsi viziare da una cucina di grande qualità e da un servizio impeccabile? Per questo motivo ci siamo recati al ristorante Esplanade, a Desenzano del Garda: a mio parere una delle stelle Michelin più meritate.
L’interno è stato da poco rimodernato ma il proprietario è riuscito a non snaturare l’essenza classica ed elegante di questo ristorante.
Le luci, calde e soffuse e i toni del beige e panna, utilizzati per l’arredo e per le pareti, rendono l’ambiente rilassante e piacevole.

Ci accomodiamo ad un bel tavolo con vista sul lago. La mise en place è essenziale ed accurata. Ci viene portato un cestino contenente panini di varietà diverse, pizzette e focaccine ed una ciotola con del burro spumoso da spalmare: molto invitante e goloso.
Da bere ordiniamo Champagne Launois Père et Fils, optiamo però per la bottiglia da mezzo litro perché vogliamo cambiare vino dopo l’antipasto.
Arriva il benvenuto della casa: trancio di baccalà cotto a bassa temperatura su crema di patate, molto delicato e di ottima qualità.

Come antipasto scelgo l’insalatina di stagione con crostacei e cappelunghe su crema di topinambur e agretto al succo di ribes: eccezionale sia come consistenza che come sapori. Azzeccato il  contrasto tra il croccante dell’insalata e la tenerezza dei gamberi e delle cappelunghe. La crema di topinambur ne esalta il gusto morbido ed il succo di ribes conferisce il tocco agre che completa il piatto alla perfezione.
Mio marito si orienta sul crudo di mare che è composto da tre differenti carpacci (tonno, branzino e dentice),  due scampi, due gamberi rossi di Sicilia, un’ostrica e dei tartufi di mare. La qualità del pesce è ineccepibile ed il sapore è ovviamente paradisiaco. Molto interessante l’accostamento con il guacamole, servito in una ciotolina a parte. Un piatto cult per gli amanti del pesce crudo.
Cambiamo vino e ordiniamo una mezza bottiglia di Trentino Chardonnay – Casale Monfort: profumato e di buona struttura. 

Diverse scelte anche per i secondi piatti: mio marito si fa ingolosire dalla triglia farcita del suo fegatino con calamaretti spillo ripieni di cipolle fondenti e crema di cannellini, un piatto all’apparenza complicato che si rivela veramente straordinario. I sapori restano ben distinti e si esaltano gli uni con gli altri in un abile gioco di equilibrio.

 Io mi lascio tentare dall’astice blu con crema soffice di patata profumata al limone, caviale e salsa al frutto della passione. Non ci sono sufficienti parole per descrivere la bontà di questo piatto: l’astice è sublime, cotto alla perfezione e la sua dolcezza è stemperata dalla sapidità del caviale e della salsa al passion fruit. Ottima anche la crema di patate che è resa meno dolce da una punta di maionese.

Come al solito decliniamo (a malincuore) l’offerta del dessert ma quando arrivano due vassoi colmi di dolci coccole e piccola pasticceria i buoni propositi affogano in una squisita crema pasticcera al liquore e castagne e in una freschissima crème brûlée alla fragola con ghiotti pasticcini di accompagnamento.

Prezzo: 220 euro totali, a cui è stato applicato successivamente un gentilissimo sconto.
Rapporto Qualità/Prezzo: Più che buono
Voto finale: 9
Note e considerazioni personali: Amo molto questo ristorante perché si mantiene sempre fedele al proprio stile. La passione e l’amore per il cibo si vedono e si sentono e le aspettative non vengono mai deluse.


sabato 11 dicembre 2010

Vino del Giorno: Trentino Chardonnay - Casata Monfort

Mi è capitato di assaggiare questo vino qualche sera fa, abbinato ad una cena a base di pesce e l’ho trovato molto interessante, con un ottimo rapporto qualità prezzo.
“Cantine Monfort” è un’azienda fondata nel 1945 da Giovanni Simoni, nonno dell’attuale responsabile. La cantina ha sede a Lavis, un paese a nord di Trento, conosciuto in ambiente vitivinicolo.  
Quest’azienda utilizza uve provenienti da vigneti dalla Val di Cembra e dalle colline sopra Lavis e Trento.
La varietà Chardonnay si è perfettamente adattata in Trentino poiché ha trovato un habitat simile a quello d’origine.
Ad un primo esame visivo il vino si presenta di color paglierino con lievi sfumature verdoline. Il profumo è intenso e complesso, con spiccate note di frutta tropicale, soprattutto banana e ananas e delicate note floreali. In bocca resta fresco, asciutto e sapido.
E’ un vino di media struttura con una buona persistenza.

Scheda Tecnica:
Terreno: Medio impasto alluvionale
Uve utilizzate: Chardonnay 100%.
Vinificazione: La vendemmia avviene manualmente all’inizio di settembre. Le uve vengono sottoposte ad una pressatura molto soffice e alla fermentazione a temperatura controllata di 16-18°C in serbatoi di acciaio inox con ceppi di lieviti selezionati. Successivamente il vino  resta a contatto con la feccia nobile per un periodo di 4-6 settimane.
Affinamento: In serbatoi di acciaio inox, alcune settimane in bottiglia prima della commercializzazione.
Alcool: 13% vol.
Riconoscimenti: Le Cantine Monfort hanno ricevuto diverse segnalazioni su riviste specializzate italiane e tedesche e numerosi riconoscimenti anche a livello internazionale, tra gli altri il "Marchio della Confraternita" di Trento , il "Concorso Internazionale all'Expo" di Milano, il "Concorso Enologico Internazionale Vinitaly", il Wine Master di Estoril (P) e l'International Wine Challenge di Londra.